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Possiamo sentire gioia di vivere ovunque siamo perché la nostra vita racchiude tutto l'universo, anche la Buddità. Sta a noi far emergere questa immensa e brillante condizione vitale grazie al potere della fede e alla recitazione del Daimoku, a patto di credere che la Legge sia dentro di noi.
Riuscire o meno a godere da oggi all'infinito futuro di tale felicità assoluta dipende dall'esistenza attuale: per questo dobbiamo decidere di affrontare tutte le difficoltà legate alla realizzazione di kosen-rufu con gioia e coraggio, per dimostrare ora la prova concreta della grandezza della Legge mistica. Questa è la pratica rivelata nel Gosho Il conseguimento della Buddità in questa esistenza (pp. 4-11).

Quando noi, tutti i giorni, recitiamo Gongyo e Daimoku lottando con le realtà quotidiane, facciamo emergere la forza della "vita eterna" inerente in noi. Nel momento in cui diventiamo consapevoli che le nostre esistenze sono una cosa sola con la grande vita dell'universo senza inizio né fine, allora siamo Budda.
Dal punto di vista del Budda non ci sono né nascita né morte, anche se nella nostra realtà sperimentiamo entrambe. Recitando Nam-myoho-renge-kyo possiamo viverle in modo piacevole, godendo dell'eternità della vita.
Se viviamo con la ferma convinzione che la vita sia eterna, possiamo darne prova concreta attraverso la nostra vittoria nel presente. Questo è il cuore dell'insegnamento contenuto nel Sutra del loto e nel capitolo Durata della vita del Tathagata (pp. 12-21).

Fede è la lotta di una persona contro i propri limiti. È la battaglia della natura di Budda contro la natura demoniaca. Superare frustrazioni e ostacoli dando il massimo nel Daimoku e nell'azione è il lavoro della fede, che ci rafforza e ci conduce verso la vera vittoria nella vita: la realizzazione della felicità nostra e degli altri. Il Buddismo è l'insegnamento per vincere nella lotta per diventare felici, come Nichiren Daishonin spiega nel Gosho L'eroe del mondo (pp. 22-30).

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Dal corso europeo di studio

Gli ineguagliabili tesori che brillano in noi

Dedicarsi alla missione di kosen-rufu consapevoli della non dualità di vita e morte

Mostrare la prova concreta della vittoria attraverso una fede incrollabile

Qualche volta, mentre recito Daimoku, sento un grande senso di soddisfazione e un forte desiderio di realizzare kosen-rufu nonostante la mia vita quotidiana sia piena di difficoltà. Non riesco a capire se questo desiderio sia una fuga dalla mia condizione o invece sia basato veramente sulla certezza che io sono in grado di cambiare la realtà.

Il senso di soddisfazione che si sente non è fuga dalla realtà. Questa soddisfazione deriva dall'espansione della vita che è frutto del Daimoku, è la convinzione che viene dalla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo.
Ma vorrei riflettere sul perché noi recitiamo Daimoku. Noi pratichiamo per far emergere l'energia per affrontare i nostri problemi, le sfide del mondo. Se recitiamo Daimoku emerge il mondo di Buddità e possiamo affrontare tutte le nostre difficoltà.
Potremmo paragonare la nostra pratica buddista alla scalata di una montagna, dove la vetta è lo stato di Buddità e noi ci sforziamo di arrivare in cima. Ma il Buddismo di Nichiren Daishonin dice che non è esattamente così: mentre recitiamo Daimoku davanti al Gohonzon noi ci troviamo già sulla cima, in un luogo da cui si può vedere un paesaggio meraviglioso, e per questo vorremmo rimanere sempre là. Però, invece di rimanere lassù, decidiamo di scendere e torniamo alla vita reale. Sulla cima della montagna ci rivitalizziamo con l'aria pulita e ci prepariamo ad affrontare tutti i nostri problemi acquistando di nuovo la nostra energia.
Quindi tornando alla domanda: come si fa a capire se quello che si prova è un senso di fuga... se recitiamo e affrontiamo i nostri problemi con convinzione, allora non c'è dubbio che la soddisfazione che sentiamo viene proprio dal Daimoku. Ma, come dice presidente Ikeda, il nostro comportamento non deve essere superficiale, non dobbiamo pensare che per il solo fatto di praticare tutto andrà bene e saremo protetti. Dobbiamo invece avere la grande determinazione di affrontare quello che ci fa soffrire. Nella SGI abbiamo sempre avuto una guida fondamentale, quella di recitare Daimoku con grande energia per trasformare un problema, praticare con una forte intenzione, con grande impegno e sincerità: allora gli shoten zenjin ci proteggeranno!

In un passo del Conseguimento della Buddità in questa esistenza si dice che il Budda eterno ottenne l'Illuminazione nel remoto passato, ripetendo ininterrottamente il ciclo di nascita e morte per salvare tutti gli esseri viventi. Anchenoi membri della Soka Gakkai abbiamo ottenuto la Buddità nel remoto passato, facendo il voto di aiutare tutti a raggiungere l'Illuminazione nel presente superando i cicli di nascita e morte?

Anche se non possiamo sondare le nostre vite passate, credo che tanti di voi abbiano sentito una relazione mistica con il Gohonzon creata nelle vite passate.
Il presidente Ikeda dice che per "remoto passato" non si intende un momento lontano nel tempo, non ci si riferisce a un episodio avvenuto in un periodo preciso, ma al fatto che il conseguimento della Buddità è esistente dall'inizio come condizione originaria.
Però "originariamente" non significa che siamo Budda anche senza fare niente. Nel Gosho si parla della metafora dello specchio appannato, che solo lucidato può far brillare la nostra Buddità. Nichiren ci dice come lucidare il nostro specchio: soltanto recitando Nam-myoho-renge-kyo.
Dobbiamo aggiungere che quando Nichiren afferma l'essenzialità di recitare il Daimoku, intende sempre anche l'azione di condividere questa pratica con gli altri. Recitare per sé e per gli altri ci permette quindi di lucidare la nostra vita. Allora, e solo allora, possiamo dire di avere conseguito la Buddità "originariamente".
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