Il trionfo della speranza

Arcobaleni di speranza

Le persone davvero forti sono quelle che, nonostante le numerose cadute, si rialzano sempre e vanno avanti.L'ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela (1918-2013), che stimo e ammiro profondamente, ha saputo dimostrare la sua vera forza come essere umano.

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Questa serie di incoraggiamenti del presidente della Soka Gakkai Internazionale Daisaku Ikeda, dal titolo Arcobaleni di speranza, è rivolta ai bambini e alle bambine delle scuole elementari Nelson Mandela, ex presidente del Sudafrica Forse alcuni di voi, all'inizio dell'anno, si sono entusiasticamente posti degli obiettivi, che però ora faticano a perseguire fino in fondo. Qualunque sforzo facciate verso il raggiungimento dei vostri obiettivi, anche solo per pochi giorni, è prova del vostro progresso. Quindi non scoraggiatevi, ma riprovateci da oggi: senza mai mollare e sempre rilanciando, svilupperete una grande forza interiore. Le persone davvero forti sono quelle che, nonostante le numerose cadute, si rialzano sempre e vanno avanti. L'ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela (1918-2013), che stimo e ammiro profondamente, ha saputo dimostrare la sua vera forza come essere umano. Da molti anni nel suo paese era in vigore una legge ingiusta, che stabiliva la superiorità dei bianchi rispetto ai neri. Mandela fin dalla gioventù guidò la lotta per rendere il suo paese una "nazione arcobaleno", in cui tutte le persone fossero apprezzate come tesori e potessero vivere coltivando i propri sogni e obiettivi. A causa di ciò subì ripetuti maltrattamenti e alla fine fu imprigionato, ma non si lasciò sconfiggere in nessun modo. Dopo molti anni riuscì a riappropriarsi della libertà, divenne il primo presidente nero del Sudafrica e realizzò il suo sogno. La maggior parte delle persone pensava che fosse impossibile o incredibilmente difficile eliminare la discriminazione razziale che da decenni esisteva in Sudafrica. Mandela, invece, nel suo cuore aveva determinato che ciò dovesse assolutamente accadere. Le persone che si rifiutano di cedere hanno speranza. E, grazie a tale speranza, continuano a sforzarsi verso i loro obiettivi infondendo speranza anche agli altri. Ho incontrato Mandela due volte e ho dialogato con lui. È morto nel 2013 all'età di novantacinque anni, ma il suo sorriso continua a risplendere luminoso nei nostri cuori. Nelson Mandela nacque il 18 luglio 1918 in un piccolo villaggio del Sudafrica. Da bambino era molto socievole e adorava giocare all'aperto con i suoi amici. All'età di nove anni perse il padre, stroncato da una malattia, e fu trasferito presso l'abitazione di un amico di famiglia. A volte si sentiva solo, lontano dalla madre e dalle sorelle minori, ma presto si affezionò alla sua nuova famiglia e divenne un giovane in gamba. A quell'epoca in Sudafrica le persone venivano trattate in maniera diversa in base al colore della pelle. Un sistema legislativo severo chiamato apartheid obbligava i sudafricani neri o meticci a vivere separati dai bianchi. Ad esempio, i bianchi e i neri non potevano vivere nello stesso quartiere o sposarsi tra loro. I neri non potevano ricevere un'istruzione di qualità o partecipare alla vita politica, dovevano frequentare ristoranti, mezzi e bagni pubblici separati dai bianchi. In alcuni posti c'erano addirittura cartelli con scritto "Vietato l'ingresso ai neri e ai cani". Avendo vissuto la discriminazione in prima persona, Mandela e molti dei suoi amici che condividevano gli stessi ideali di cambiamento formarono un gruppo e iniziarono a impegnarsi per acquisire le competenze necessarie a combattere la disuguaglianza. Dopo anni di studio e una laurea in giurisprudenza, Mandela cominciò a dedicarsi alle persone che soffrivano, dando avvio a un movimento per la tutela dei diritti di tutto il popolo sudafricano e continuando a espandere la rete di persone che condividevano questa causa. Ma il governo, retto dai bianchi, temeva coloro che si battevano per il cambiamento. Si verificarono così tragici incidenti, che videro la polizia sparare su folle di dimostranti disarmati, e molte persone rimasero uccise o ferite. In una società corrotta, chi si batte per la verità e la giustizia viene perseguitato. Il primo e il secondo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, che lottavano per la felicità di tutte le persone, furono imprigionati durante la seconda guerra mondiale proprio perché le loro azioni erano giuste e corrette. Nonostante ciò rimasero fedeli ai loro ideali e Makiguchi perse la vita in carcere. Nel 1962 Nelson Mandela e i suoi compagni attivisti furono arrestati e processati per avere cospirato contro lo stato. Durante il processo Mandela affermò coraggiosamente che il Sudafrica apparteneva a tutti i suoi abitanti e che era pronto a dare la vita per quell'ideale.1 Aveva quarantasei anni quando fece questa dichiarazione, che gli costò il carcere e la condanna all'ergastolo. La vita dietro le sbarre era terribile. Fu rinchiuso in una cella da solo, gli indumenti non erano della sua taglia e gli veniva dato cibo scadente. Non essendogli concesso di lasciare la prigione, non poté partecipare al funerale di sua madre né a quello di suo figlio, morto in un incidente. Ma non si fece abbattere. Più difficile si faceva la situazione, più aumentava il suo ottimismo: era convinto di poter trasformare la sofferenza in speranza.2 Durante la prigionia si iscrisse a un corso universitario per corrispondenza e continuò a leggere molti libri. Si può continuare a imparare in qualsiasi situazione, e il suo esempio costituisce una grande fonte di incoraggiamento per tutti coloro che studiano in circostanze sfavorevoli. Mandela trascorse quegli anni in modo così attivo da conquistare la stima di molte delle sue guardie carcerarie. Sedici anni dopo l'incarcerazione gli fu finalmente concesso di vedere la figlia Zenani Dlamini, che portò con sé la figlia neonata e chiese al padre di darle un nome. Mandela la chiamò Zaziwe, che significa "speranza". Un nome che esprimeva il desiderio che, all'epoca della sua maggiore età, la discriminazione fosse solo un ricordo del passato e il Sudafrica diventasse una "nazione arcobaleno" in cui persone di ogni colore potessero convivere in pace e armonia. Poco alla volta il mondo venne a conoscenza dell'incessante lotta per la giustizia condotta da Mandela e da molti altri sudafricani. Tante persone cominciarono a far sentire la loro voce contro il regime dell'apartheid, che finì col rimettere Mandela in libertà. L'11 febbraio del 1990 egli uscì trionfante dal carcere dopo più di ventisette anni, quasi diecimila giorni, pronto a fare un nuovo passo avanti. Quando mi giunse questa notizia ero così felice che applaudii con tutto il cuore. Quel giorno era anche il novantesimo anniversario della nascita del mio maestro Toda. Una volta in libertà, Mandela viaggiò in tutto il mondo per ringraziare chi lo aveva sostenuto durante gli anni di prigionia. Lo incontrai per la prima volta nell'ottobre dello stesso anno. Sapeva già chi ero perché durante la prigionia aveva letto un mio articolo su una rivista. Lo accolsi con entusiasmo assieme a un gran numero di giovani. Mandela aveva settantadue anni e durante quell'incontro disse con gioia: «Le parole che scaturiscono dalla saggezza sono imperiture». Da allora costruimmo una solida amicizia. Finché siamo in vita c'è speranza. La speranza muore solo quando ci lasciamo sconfiggere. La sofferenza è il trampolino per la crescita. Se sentite di non avere più speranza, createla voi stessi! Trovatela! Mandela affermò: «Dovremmo tutti ricordare che nella vita la gloria più grande non consiste tanto nel non cadere mai a terra, quanto piuttosto nel saperci rialzare ogni volta».3 Sono certo che voi, giovani leoni e leonesse della Divisione futuro, condurrete una vita colma di speranza. Nichiren Daishonin ci incoraggia con queste parole: «L'inverno si trasforma sempre in primavera» (RSND, 1, 477). Miei giovani amici e mie giovani amiche, siate il sole della speranza che darà inizio a una futura primavera di pace! da Boys and Girls Hope News, mensile della Soka Gakkai dedicato ai bambini e alle bambine delle scuole elementari, del 1 febbraio 2015 (Traduzione di Lisa Michieletto)

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