Un impegno generativo
(di Giovanna Gobattoni)
Abbracciare la conflittualità del vivere è impegno faticoso ma generativo. Assumere la difficoltà come speranza di nuove opportunità per creare valore, come pratica quotidiana, come il Gongyo di mattina e sera. Eppure quante volte dentro la mia vita e nell'attività buddista mi sono sentita colta di sorpresa nel constatare la presenza di una conflittualità. Quasi che l'armonia sia un punto di partenza e non, caso mai, di arrivo: frutto di sforzo e ricerca costante. Quante volte mi sono guardata intorno meravigliata e finalmente ho visto ostacoli o difficoltà che chi mi stava accanto così lucidamente percepiva. Quante volte nell'ambiente di lavoro quella discussione, quel punto di vista divergente mi hanno spaventato. Allenarmi a sospendere l'emotività: darmi il tempo di comprendere che è arrivata una nuova sfida per me e per il gruppo di persone con cui in quel momento sto condividendo un progetto, un'attività, un mondo affettivo. Questo è l'invito che sento arrivare dalla convinzione con cui Sensei dialoga e intesse percorsi con persone esponenti di mondi altri: religiosi, culturali, etici. E propongo l'azione continuativa di ricerca costante dentro di me, in dialogo con gli altri. In poche parole la rivoluzione umana: l'atto di rivoltare le mie gabbie mentali, logiche, linguistiche. Non per sradicarle, come sostenevano gli insegnamenti provvisori, ma per trasformarle in strutture flessibili, aperte, che mi consentono di guardare oltre. Trampolini da cui lanciarmi.
In prima persona
In prima persona
Incontro una persona dura e la sua intransigenza, invece di scivolarmi addosso o spingermi a provare compassione per lei, mi ferisce profondamente: a fatica, arrivo a credere di avere qualcosa da scardinare in me, qualcosa da ammorbidire, da schiudere. Qualcun altro mi aggredisce senza un ragionevole motivo ed è come se mi passasse una lama da parte a parte: lasciata evaporare, lentamente, l'emozione dolorosa, mi intestardisco a cercare quella ragione solo apparentemente assente. E non importa che nel momento in cui il conflitto si è aperto dal nulla io fossi quieta e serena, conosco la rabbia rovinosa, era solo nel corpo e nel cuore di un'altra persona. È una visione difficile da accettare: un po' come quando ci vediamo in una fotografia e non ci riconosciamo, non ci piacciamo. No, quella non sono io, non è quello che vedo nel mio specchio: è questo dunque che vedono gli altri? Cosa possono provare davanti a me? I conflitti che si accendono come piccoli fuochi intorno a noi sono la risposta, sono i segnali da seguire.Vivere con il conflitto è in sostanza vivere con noi stessi, con quel garbuglio di cose buone e cattive che ci compone e ci rappresenta. È capire chi siamo, riconoscere le nostre effettive fattezze.
