Affrontare. Quando hai un desiderio ma non gli dai voce, perché ci sono cose più importanti.
O una strada non ti convince, ma pensi di non avere alternative. Quando hai paura, o ti senti impotente, quando non ti va. Quando ti accade
l'inaccettabile, troppo duro da sopportare.
Ci sono infiniti quando.
Ma noi siamo Budda di assoluta libertà e possiamo affrontare tutto, sempre. Crederci è il beneficio più grande.
«Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra» (RSND, 1, 889), scrive il Daishonin a Shijo Kingo. Non si tratta di un’abitudine o di semplice disciplina, dentro c’è un’intenzione, una decisione. “Usa” significa rimontare a cavallo, come un samurai o una mosca blu. Prima al passo, forse, ma poi al trotto e dopo ancora al galoppo. A cavallo del Daimoku. È una parola piccolissima, “usa”, ma ha la forza di aprire una strada.
Perché noi abbiamo sempre la libertà di metterci in gioco e cercare. Cercare il Budda. «Quando […] desiderano con un’unica mente vedere il Budda anche a costo della vita – è scritto nel Sutra del Loto – allora io e l’assemblea dei monaci appariamo insieme sul sacro Picco dell’Aquila» (SDLPE, 317).
Difficilmente preghiamo con questo desiderio esplicito, ma in realtà non serve, perché il Budda lo troviamo tra sofferenze, inquietudini e incertezze: «Quando Nichiren e i suoi seguaci recitano Nam-myoho-renge-kyo, stanno bruciando la legna dei desideri terreni e facendo sorgere il fuoco della saggezza della bodhi o Illuminazione» (La raccolta degli insegnamenti orali, BS, 109, 43).
Qui, in questa condizione illuminata, la nostra vita capisce. E rivela il suo desiderio più vero. Che emerge puro, autentico, non indotto.
Degno della nostra lotta. Così funziona il principio di “sostituire la saggezza con la fede”: quando mettiamo la fede davanti a tutto, scaturisce da dentro di noi quella «saggezza della verità che opera in accordo con le circostanze mutevoli» (Ibidem, BS, 122) che ci rende capaci di “vedere”. La saggezza del Budda libera dalle catene dell’illusione.
E allora la nostra vita diventa immensa, ci siamo noi, gli altri, l'ambiente, l'universo, fino alle «più piccole particelle di polvere».
Ma quali parole usa il Daishonin riguardo alla fede? Ne parla come se fosse amore, esortando a «riporre fiducia nel Sutra del Loto [...] come una donna ama il marito, come un uomo dà la vita per sua moglie, come i genitori rifiutano di abbandonare i figli o un figlio rifiuta di lasciare la madre» (Il significato della fede, RSND, 1, 920). Incoraggiando a "desiderare anche a costo della vita", con "un'unica mente", dove quest'unica mente corrisponde a una determinazione assoluta. O a "esaurire le sofferenze e gli sforzi di milioni di kalpa in un singolo istante" (cfr. BS, 124, 56), cioè a concentrare tutta la vita in un momento.
Parla di una fede da estrarre dagli angoli più reconditi del nostro essere: «Raccogli la tua fede e prega questo Gohonzon: – dice sempre a Shijo Kingo – allora, che cosa non può essere realizzato?» (Risposta a Kyo'o, RSND, 1, 366).
Perché la fede è un potere, un immenso potere che ci appartiene. Da riconoscere e usare. Chi ritrova questa spada e la impugna, non desiste e rilancia la sfida. In fin dei conti la fede è un’esperienza di libertà e potenza. (Maria Lucia De Luca)