Perché ho iniziato. Perché ho continuato

 

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A sommare i minuti, le ore, i giorni, i mesi (perché il totale è alto, altissimo) che chi pratica passa davanti al Gohonzon al suono della ripetizione di Nam-myoho-renge-kyo viene un sussulto. La nostra testa sentenzia che non abbiamo tempo per la pratica assidua di Daimoku e Gongyo, mentre se riusciamo a sottrarci alla vita che corre e non aspetta nessuno succede una cosa strana: ci dedichiamo il regalo più bello che possiamo fare al nostro incedere nel mondo. Ogni giorno un messaggio di senso diverso (anche scomodo, respingente) che ci convince a continuare, a non mollare, a sperare ancora. Succede così che, come raccontano le esperienze che seguono, si ottengono risultati tangibili, come avere la forza di attraversare una malattia o trovare il proprio posto nel mondo. E si continua perché… si vuol vedere come continua l’avventura

e così ho ripreso a respirare


Perché ho iniziato Ho incontrato la pratica su un treno che mi portava verso il mio "amore" di allora. Elena aveva una storia talmente simile alla mia che quando ho cominciato ad avere io problemi nella relazione ho pensato di fare come lei: sperimentare Nam-myoho-renge-kyo. E ho ripreso a respirare.
Perché ho continuato Se però dopo vent'anni continuo ancora a praticare lo devo a mio padre che ho potuto accompagnare a suon di Daimoku nel suo ultimo viaggio, a tutte le volte che la preghiera ha aiutato me e mia madre nella battaglia che ha combattuto contro l'Alzheimer, e alla certezza di poter affrontare qualunque cosa accanto a Sensei, condividendo una gioia profonda e apparentemente immotivata con le persone che incontro ogni giorno, come insegna il mio maestro. [ Ilaria Varriano ]

puoi accendere la tua fiamma e giocartela


Perché ho iniziato Prima di conoscere il Buddismo andavo spesso a dormire con un indefinito senso di malinconia. Avevo 23 anni ed ero continuamente assalito da dubbi, in particolar modo sul mio futuro. Un giorno, di ritorno dall’università, un ragazzo del mio quartiere mi parlò della pratica: era la risposta alle mie domande.
Perché ho continuato Perché si parte tutti da zero, come nel campionato di calcio. Non ci sono scuse, né privilegi. Puoi accendere la tua fiamma e giocartela, sempre, in ogni momento. Dopo tanta indecisione, ora la mia giornata è totalmente diversa da come me la immaginavo anni fa, eppure sento di stringere in pugno una scintilla che mi guida e non vedo l'ora di sapere cosa accadrà domani. [ Lorenzo Di Nardi ]

non smisi più, era il ‘92


Perché ho iniziato A 16 anni vivevo una situazione familiare difficile e faticosa e quando una persona che conosceva bene la mia storia mi parlò dell’eventualità di esser felice recitando Nam-myoho-renge-kyo mi arrabbiai moltissimo. Ciò nonostante conservai il libretto di Gongyo in una borsa per sei anni, e a 22 una grande sofferenza sentimentale mi portò a sperimentare la pratica. Oltre alla realizzazione del desiderio immediato, il vero beneficio fu sentire che con la preghiera potevo rompere la mia “ineluttabile” gabbia di infelicità, lo stupore di avere una incisività “mistica” (oltre le mie capacità) sulla mia vita. Non smisi più, era il ‘92.
Perché ho continuato Ciò che mi ha fatto perseverare senza mai “abituarmi” sono due aspetti: un legame interattivo con il mio maestro Daisaku Ikeda (io cerco, lui scrive, io metto in pratica…) ed esprimere sempre i miei dubbi, le mie critiche e i miei punti di vista con sincerità e libertà, per contribuire positivamente allo sviluppo della Soka Gakkai. [ Vanessa Donaggio ]

percepivo in loro una serenità e una felicità incondizionata


Perché ho iniziato Per lo spirito delle persone presenti alla mia prima riunione di discussione. Ne rimasi molto colpita. Si percepiva una serenità e una felicità incondizionata, nonostante le loro esperienze non fossero tutte gioiose! Ispirata da quell’atmosfera ho deciso di sperimentare la preghiera per trovare quell'armonia e quella tranquillità fino ad allora a me sconosciute.
Perché ho continuato Con il tempo ho capito che la chiave per mantenere quell’elevato stato vitale è la costanza. Perseverare nel recitare Daimoku e mettere faticosamente in pratica la fede insieme ai compagni della Soka Gakkai mi permette di affrontare le sofferenze senza lasciarmi sconfiggere, con la certezza che nessun problema rimarrà irrisolto, nessuna preghiera senza risposta. [ Priscilla Massimei ]

la possibilità di una rinascita continua


Perché ho iniziato Ero una studentessa fuori sede con pochissimi soldi e parecchi problemi. Ma soprattutto non riuscivo a intravedere il mio posto nel mondo. Dopo ripetuti inviti, nel 1983 cominciai a recitare Nam-myoho-renge-kyo, ricevendo fin dall’inizio benefici visibili, come una casa in affitto con piscina a un prezzo incredibilmente basso. Il Buddismo mi ha fatto scoprire la dignità e la ricchezza della mia vita, e questa crescente attribuzione di senso si è riverberata sulla vita quotidiana illuminandone ogni aspetto.
Perché ho continuato Soprattutto per la possibilità di una rinascita continua, ascoltando cosa mi dice la mia vita profonda e attingendone esperienze sempre nuove. Ho scoperto e fatto cose che non avrei mai pensato di fare, come trovare il coraggio (dopo una vita dedicata al giornalismo) di esporre per la prima volta i collage su cartolina che realizzo da trent’anni. Non c’è età per iniziare, continuare e… rinascere. [ Silvia Sperandio ]

di fronte al dolore più grande


Perché ho iniziatoSuperati i 30 anni, sposata, con una figlia piccola e uno zio materno – la persona a me più cara – gravemente malato, avevo sete di una filosofia di vita che mi sostenesse. Quando Mara, una compagna di studi, mi parlò della Soka Gakkai (che già conoscevo per via di mia sorella che aveva praticato dieci anni prima) pensai: «Prima di scegliere quale scuola buddista seguire dovrei approfondire la storia di tutti gli insegnamenti buddisti». Non mi sarebbe bastata una vita! «Prova, l’unica cosa che rischi è diventare felice», mi rispose lei semplicemente.
Perché ho continuato In 27 anni di pratica, il dono più grande è stato riuscire ad affrontare uno dei grandi dolori dell’essere umano: la morte. Recitando Daimoku ho potuto accompagnare nel loro momento di fine vita mio zio, mia mamma e il suo secondo marito, avendo una serenità e una forza che mai avrei pensato possibili. Anche ora, dopo la perdita del mio compagno, la fede nel Gohonzon mi sta dando la possibilità di decidere in ogni istante come riprogrammare il mio futuro e vivere ciò che la vita inevitabilmente ci pone davanti creando valore anche da una sofferenza così grande. [ Elisabetta Nepitelli Alegiani ]

pensai che fosse un caso...


Perché ho iniziato Il mio primo obiettivo di fede fu vincere la borsa di studio per andare in Erasmus, ma la mia famiglia era contraria. Avevo 19 anni. Iniziai a recitare con la determinazione che sarei partita. Di giorno andavo all'università, il pomeriggio davo lezioni private, la sera lavoravo in un ristorante. Così per mesi. Vinsi la borsa di studio (2 per l’esattezza) e partii per la Spagna, 12 mesi a Granada. I miei genitori decisero poi di aiutarmi.
Perché ho continuato Incredula all'inizio, pensai fosse un caso aver realizzato quell’obiettivo, così per curiosità ho continuato a praticare per i miei desideri: dalla tesi di laurea a Milano, alle vittorie nel mio lavoro come giornalista. Anche i rapporti con i miei familiari si sono trasformati a suon di Daimoku. Pregando ho dialogato con mio padre gli istanti prima che morisse, ho affrontato il lutto, la malattia delle persone a me più care. Attraverso la preghiera ho costruito la relazione con il mio fidanzato. Nel tempo ho capito che il caso non esiste. [ Maria Cristina Fraddosio ]

da una vita strapazzata a una vita consapevole


Perché ho iniziato Aver incontrato la pratica, ed essere stata pronta, recettiva, è stato come ricevere un grande regalo. Ricordo una cena fatta insieme ad alcuni amici, i loro sorrisi, il desiderio di parlarmi della pratica, che poi, grazie ad altri, ho abbracciato di lì a poco... Sarò per sempre riconoscente e unita alla persona che con pazienza e determinazione mi ha condotto passo passo verso una pratica corretta.
Perché ho continuato Dal momento in cui ho iniziato a partecipare alle riunioni e a recitare Daimoku, la vita ha cominciato a sorridere, da una vita strapazzata a una vita consapevole. Per me praticare il Buddismo è fare luce sugli intrecci del quotidiano e i disegni più generali dell’intero percorso dell'esistenza. Ripenso alla ragazza che ero, inconsapevole e in balia degli eventi, ora grata per ciò che sono riuscita a realizzare. Niente di straordinario, una vita comune ma in sintonia con quella che sono e gli ideali in cui credo. [ Carla Celani ]

buddismoesocieta.org