Ha quasi venti anni, ma il dialogo Civiltà globale tra Daisaku Ikeda e Majid Tehranian, docente di origini iraniane musulmano sufi, sembra ancora più importante, più risonante in un mondo dove rimbomba attuale il pericolo di un conflitto nucleare. È il destino delle opere pensate e scritte dagli esseri umani per gli esseri umani, nel tentativo di far fare alle vite dei salti in alto per il miglioramento di tutte le società. Ikeda decise di nominare Tehranian, nel ’96, direttore del Toda Institute for Global Peace and Policy Research. Scelse, cioè, di affidare l’opera di propagazione di una cultura di pace appresa e praticata dal suo maestro a uno studioso appartenente a un’altra religione: pratica della differenza come ricchezza, convergenza degli ideali verso una società basata sul rispetto, sull’incontro in luogo dello scontro. Vivono entrambi la religione come «la più alta forma di sollecitudine per l’essere» e intendono ripercorrere la Via della Seta come fosse un metodo per procedere nel futuro: su quella via «i mercanti e gli studenti delle più svariate fedi si scambiavano oggetti e idee». Il dialogo come imprescindibile condizione per cercare la propria verità, scoprendoci vicini nei desideri a chi immaginiamo lontani: quale soldato non vuole la pace?
BS 232 / 1 maggio 2023
Per chi traccia coraggiosamente una nuova strada
Civiltà globale, dialogo tra Daisaku Ikeda e Majid Tehranian
