Un appuntamento quotidiano

 

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«Il Buddismo non si pone la domanda: “Che religione segue questa persona?”; si chiede invece: “Qual è la sua condizione vitale?”. Il Buddismo esiste per mettere le persone in grado di far emergere e manifestare il mondo di Buddità che esiste dentro di loro» (Daisaku Ikeda, Felici ogni giorno, Piemme, 25 dicembre).

A volte questo regalo non vogliamo neanche scartarlo. Come se avessimo ricevuto in dono una bicicletta ma non ci sappiamo andare, o un’automobile ma non abbiamo la patente. O perché pensiamo che tanto non c’è nulla da fare, che ormai è andata così e non abbiamo l’energia per reagire.
Sentimenti del genere li proviamo anche noi che pratichiamo da tempo, come una sorta di potente forza di gravità che ci attira verso l’immobilismo o l’inerzia.
Per questo una delle prime cose che impariamo, quando iniziamo a praticare, è a farlo tutti i giorni, mattina e sera. A volte ne sentiamo la necessità, o proviamo gioia nel farlo; altre ci dobbiamo sforzare.
Probabilmente non avremmo mai pensato di aggiungere un ulteriore impegno alle nostre già faticose giornate, eppure ci accorgiamo subito che il tempo si dilata.
Rispettare questo appuntamento quotidiano è forse la cosa più importante: una semplice azione che, ripetuta, ridefinisce il nostro approccio all’esistenza.
Gli stati vitali che proviamo sono molteplici, la dottrina buddista ne classifica dieci, e parla addirittura di otto diverse sofferenze. Per questo non chiede di sviluppare un semplice “pensiero positivo”, ma di attingere con coraggio e diligenza a una forza interiore, invisibile, in grado di rinnovare ogni giorno il nostro modo di stare nella vita. Con coraggio, per aprirci la strada quando la coltre della negatività ci avvolge e non vediamo vie d’uscita; con diligenza, perché grazie a un allenamento costante impariamo a guidare quella bicicletta o quell’automobile, riusciamo a scartare il regalo più grande e goderne.
Godere di cosa? Di libertà, saggezza, forza. I testi parlano di acqua fresca che calma la sete e di sentirsi “felici e a proprio agio”.
Godere, e gioire, di pensieri e azioni nuove, illuminate. Che cambiano il presente e il futuro, me stessa e il mondo.
Tale è la felicità promessa dal Buddismo.
Come scrive Nichiren Daishonin: «Considera allo stesso modo sofferenza e gioia e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge?» (Felicità in questo mondo, RSND, 1, 607). “Continua” è la parola chiave. In ogni circostanza.
[ Maria Lucia De Luca ]

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